Responsabilità degli enti ex D. Lgs. 231/2001: Il reato di epidemia colposa per le imprese

Il reato di epidemia colposa non è configurabile nella forma omissiva impropria

Con la sentenza in epigrafe, la Corte di cassazione, Sezione quarta, si è pronunciata in tema di epidemia colposa (articoli 438, 452 c.p.), con speci!co riferimento alla configurabilità della fattispecie nella forma omissiva impropria (articolo 40, comma 2, c.p.).

All’imputato, legale rappresentante di una residenza sanitaria assistenziale, era contestato il reato di epidemia colposa nella forma omissiva impropria, per aver cagionato il contagio degli ospiti mediante la omissione del doveroso aggiornamento del documento di valutazione dei rischi con le procedure previste dal D.P.C.M. 24 aprile 2020.

La Corte ha ritenuto non condivisibile l’impostazione accusatoria, aderendo all’orientamento secondo cui “in tema di delitto di epidemia colposa, non è configurabile la responsabilità a titolo di omissione in quanto l’art. 438 cod. pen., con la locuzione ‘mediante la diffusione di germi patogeni’, richiede una condotta commissiva a forma vincolata, incompatibile con il disposto dell’art. 40, comma secondo, cod. pen., riferibile esclusivamente alle fattispecie a forma libera”.

Vale la pena richiamare la motivazione del giudice del merito, ritenuta congrua e logica dalla Corte, in tema di accertamento del nesso causale tra condotta omissiva ed evento: “il Tribunale ritiene che, in applicazione delle teoria condizionalistica orientata secondo il modello della sussunzione sotto leggi scienti!che, in assenza di qualsivoglia accertamento circa l’eventuale connessione tra l’omissione contestata al ricorrente e la seguente diffusione del virus non sia possibile ravvisare, nel caso de quo, la sussistenza del nesso di causalità tra detta omissione e la diffusione del virus all’interno della casa di riposo. Ed invero, alla stregua del giudizio contro fattuale, ipotizzando come realizzata la condotta doverosa ed omessa dall’indagato, non è possibile desumere ‘con alto grado di credibilità logica o credibilità razionale’ che la diffusione/contrazione del virus Covid-19 nei pazienti e nei dipendenti della casa di riposo sarebbe venuta meno. Non è da escludere, infatti, che qualora l’indagato avesse integrato il documento di valutazione dei rischi e valutato il rischio biologico, ex art. 27 D. lgs. 81/2008, la propagazione del virus sarebbe comunque avvenuta per fattori causali alternativi (come ad esempio per la mancata osservanza delle prescrizioni impartite nel DPCM per le case di riposo quali di indossare le mascherine protettive, del distanziamento o dell’isolamento dei pazienti già a”etti da covid, ovvero a causa del ritardo negli esiti del tampone)”.

Dott. Edoardo Rivola
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