- 23 Marzo 2023
- Posted by: Dott. Edoardo Rivola
- Categoria: P.A. e Organismi partecipati

Il Consiglio di Stato ribalta il concetto di controllo pubblico congiunto nelle società
Il Consiglio di Stato ribalta il concetto di controllo pubblico congiunto nelle società
Con l’entrata in vigore del TUSPP- (D.lgs. 175/2016) il legislatore ha definito il concetto di società a controllo pubblico stabilendo che esso si concretizzi in quelle società in cui, alternativamente:
- una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della situazione descritta nell’articolo 2359 del codice civile (ossia alternativamente attraverso: la disponibilità della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria, l’esercizio di un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria oppure l’assoggettamento all’influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa);
- in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo.
A porre maggiori difficoltà interpretative è stato il concetto di controllo pubblico “congiunto”, ossia esercitato da più di una amministrazione pubblica.
Da qui ha preso avvio il dibattito sulla definizione esatta del perimetro del controllo pubblico e, in particolare, del controllo pubblico congiunto.
Si sono, quindi, originati una pluralità di orientamenti giurisprudenziali contrastanti sul punto.
Infatti, la collocazione o meno di una società nella categoria di “società in controllo pubblico” ha un riflesso non indifferente sulle norme vincolistiche di carattere pubblicistico da applicare, visto che tendenzialmente esiste una vera e propria dead line tra semplice partecipazione e controllo ai fini dell’applicazione di tali norme, rivolte, appunto, solo alle “controllate (vedi ad esempio quelle sulle selezioni pubbliche, sui programmi di valutazione del risschio di crisi di impresa, sulla prevenzione della corruzione ecc).
Ma proviamo a vedere, brevemente, come si sono susseguiti tali orientamenti e come è stato trattato l’argomento dal Consiglio di Stato con una sentenza recentissima, del 10 marzo 2023.
Nel 2018 affiorarono le prime interpretazioni della Corte dei conti Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna (Deliberazione n. 87/2018/VSGO; Deliberazione n. 36/2018/VSGO) che ritenevano il controllo ex art. 2359 c.c. realizzabile anche da plurime pubbliche amministrazioni congiuntamente -detentrici complessivamente della maggioranza del capitale sociale- presumendolo mediante “comportamenti concludenti”, a prescindere da un coordinamento formalizzato.
L’interpretazione della presunzione del controllo ex art. 2359 c.c. era stata avallata anche dall’ANAC la quale aveva affermato che:” l’Autorità considera la partecipazione pubblica maggioritaria al capitale sociale quale indice presuntivo della situazione di controllo pubblico, con la conseguente applicabilità delle norme previste per le società a controllo pubblico nella l. 190/2012 e nel d.lgs. 33/2013” (Delibera ANAC n. 859 del 25 settembre 2019).
Tale interpretazione estensiva aveva determinato importanti conseguenze, poiché numerose società furono state costrette a soggiacere alla normativa pubblicistica delle società a controllo pubblico in ragione di una presunzione di controllo non prevista dal legislatore.
Con sorpresa di tutti, la medesima Corte dei conti Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna, sempre nel 2018 (con deliberazione n. 129/2018/VSGO) ritornava sui propri propositi interpretativi estensivi sopra citati e, con un’interpretazione più restrittiva, affermava che, pur in presenza di quote pubbliche complessivamente maggioritarie, la mancanza di patti parasociali che formalizzino il controllo, non consentiva di presumere il controllo pubblico congiunto.
Le due interpretazioni contrastanti avevano fomentato dubbi sull’effettiva configurabilità del controllo pubblico congiunto.
Dati i dubbi interpretativi sorti sulla presumibilità o meno del controllo pubblico congiunto, la Corte dei conti a sezioni riunite, con sentenza n. 16 del 22/05/2019, era intervenuta per aderire alla seconda interpretazione più restrittiva, affermando che: ”la situazione di controllo pubblico non può essere presunta in presenza di “comportamenti univoci o concludenti” ma deve risultare esclusivamente da norme di legge, statutarie a da patti parasociali che, richiedendo il consenso unanime di tutte le pubbliche amministrazioni partecipanti, siano in grado di incidere sulle decisioni finanziarie e strategiche della società”.
Il dibattito interpretativo sembrava, quindi, risolto.
A distanza di anni, tuttavia, il Consiglio di Stato, Sez. V – con sentenza 10 marzo 2023, n. 2543 ritorna sul tema del controllo pubblico congiunto con un colpo di scena.
Infatti, il CdS, decide di riaprire il dibattito sul controllo pubblico congiunto aderendo alla prima interpretazione estensiva, favorevole alla presunzione del controllo per comportamenti concludenti.
In particolare, viene affermato che:
“Al riguardo, sebbene sia controversa e non univoca la nozione di “controllo pubblico congiunto” di cui alla lett. m) dell’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 175 del 2016, il dato testuale – che richiama un «potere», in correlazione alla lett. b) del medesimo articolo – e l’interpretazione da più parte datane (cfr. Cons. Stato, V, 23 gennaio 2019, n. 578; Corte dei Conti, SS.RR. giur., 22 maggio 2019, n. 16; Orientamento Mef del 15 febbraio 2018) è tale per cui non è sufficiente a tali fini una semplice sommatoria delle partecipazioni di soggetti pubblici tale da esprimere la maggioranza del capitale sociale – potendosi diversamente conformare e modulare gli assetti di potere nell’ambito degli organi societari – ma occorrono piuttosto, in assenza di un controllo monocratico ex art. 2359 Cod. civ., atti o accordi che vincolino i soggetti pubblici all’esercizio congiunto delle loro prerogative, così da rendere concreto ed effettivo un potere di controllo pubblico (Cons. Stato, n. 578 del 2019, cit., richiamata anche da Cons. Stato, III, 3 marzo 2020, n. 1564; Corte conti, n. 16 del 2019, cit.), o quanto meno un comportamento concludente dei soci pubblici orientato in tal senso (Orientamento Mef, cit.; cfr., in senso diverso, Corte conti, SS.RR. contr., 20 giugno 2019, n. 11; Anac, delibera 25 settembre 2019, n. 859).”
L’orientamento del Consiglio di Stato preoccupa le società partecipate che non avevano più dubitato sull’assenza del controllo congiunto e che, adesso, dovranno rimettere in questione la loro natura giuridica.
Cfr E. Nobile (www.public-utilities.it 16/3/2023)